József Kiss
Carta tematica disponibile presso la Pro Loco Lamon. L'ultimo tratto del sentiero nr. 1 è caratterizzato dal "Percorso della Memoria": 10 tabelle evocative sui diversi aspetti della Grande Guerra.
Di origini ungheresi, József Ittebey Kiss nacque a Pozsony (l'odierna Bratislava) il 26 gennaio 1896. Il padre, figlio di un generale ungherese schieratosi con gli insorti e fucilato dall'Austria dopo la rivoluzione del 1848, lavorava come giardiniere presso la scuola allievi ufficiali. Allo scoppio della guerra interruppe gli studi per arruolarsi volontario nell'esercito austroungarico; la scelta, limitando il suo livello di istruzione secondaria, gli fu poi sempre di danno, impedendogli di accedere alla carriera di ufficiale tradizionalmente riservata alla classe nobiliare ed ai possessori di diplomi superiori. Con il 72° reggimento di fanteria combattè in Galizia e sui Carpazi, venendo gravemente ferito nel dicembre 1914. Nel gennaio del '15 chiese ed ottenne di passare all'arma aerea, iniziando l'addestramento a Parndorf e proseguendolo a Wiener Neustadt su velivoli Etrich-Taube.
Nell'aprile del 1916 giunse alla Flik (squadriglia) 24, che operava nell'area dell'11ª armata al comando del capitano Studeny ed era dislocata all'aeroporto di Cirè di Pergine, a pochi chilometri da Trento.
Il 20 giugno 1916 Kiss, ai comandi di un velivolo il cui mitragliere era il tenente Georg Kanzian (un altro futuro asso), ottenne la sua prima vittoria abbattendo un ricognitore italiano. Nella 24ª Flik, l'ungherese portò a compimento ben 112 missioni, meritandosi ben otto decorazioni tra le quali tre medaglie d'argento di 1ª classe e due medaglie d'oro. Nel giugno 1917, assieme ad altri aerei austriaci, riuscì ad abbattere ben due bombardieri italiani Caproni Ca3 nel giro di pochi minuti.
Nel novembre 1917 Kiss venne trasferito alla Flik 55J, squadra da caccia sempre di base a Pergine, ove con il capitano Josef von Mayer e il tenente Julius Arigi, formò un trio aviatorio estremamente aggressivo ed efficiente. In effetti, l'intera squadriglia si dimostrò uno strumento bellico tanto perfetto da meritarsi il titolo di "Kaiser Staffel" (squadriglia dell'Imperatore). Ciononostante, il premio più ambito, la promozione ad ufficiale, venne sempre negato a Kiss a causa delle sue umili origini e della sua modesta istruzione; egli, anelando alla considerazione sociale che il grado gli avrebbe conferito, decise allora di puntare all'unica alternativa praticabile, anche se estremamente difficile: la promozione sul campo, per meriti di guerra.
Dopo aver conseguito altre 12 vittorie ed una quarta medaglia d'oro, il 27 gennaio del 1918 egli venne gravemente ferito in un duello aereo sopra la Valsugana. Operato all'ospedale militare di Trento, egli dopo soli due mesì tornò, contro il parere dei medici, alla sua squadriglia ma le successive missioni risultarono infruttuose.
Il 24 maggio 1918 Kiss decollò con un caccia Phönjix D-II come componente di una squadra di tre elementi (gli altri due erano gli assi Kasza e Kirjak) per una missione d'attacco nei cieli di Feltre. Sulla verticale di Lamon gli aerei austriaci vennero intercettati da velivoli italiani ed inglesi: ne nacque un combattimento manovrato, nel corso del quale ogni austriaco dovette fronteggiare tre o più caccia avversari. Kasza e Kirjak riuscirono infine a rompere il contatto ed a dileguarsi dopo aver incassato svariate raffiche; l'aereo di Kiss si trovò invece tallonato dal Camel pilotato dal canadese Gerald Birks. Nelle lunghe evoluzioni nei cieli sopra S. Donato, nel tentativo di staccarsi dalla coda il minaccioso caccia britannico, Kiss non sembra aver più utilizzato le sue mitragliatrici: questo ha suggerito l'ipotesi di un inceppamento delle armi, simile a quello che gli era quasi costato la vita nel gennaio precedente. Ma stavolta la fortuna non fu dalla sua parte; l'ennesima raffica sparata da Birks crivellò l'abitacolo probabilmente uccidendo Kiss quasi all'istante; l'aereo precipitò versò le 11.00 del mattino su un costone del Monte Coppolo. Il corpo martoriato venne recuperato e sepolto in alta uniforme, unico tra i tanti ad essere chiuso in una bara lignea, nel cimitero militare di Pergine. La perginese Enrica Bonecker, che era stata la fidanzata di József Kiss durante la sua permanenza a Pergine, nel dopoguerra rinunciò a sposarsi e mai fece mancare i fiori sulla tomba dell'amato per i successivi cinquantatrè anni di vita. Nel 1970, alla dismissione del cimitero militare (ora parco pubblico), i resti mortali dell'asso ungherese vennero riesumati e traslati al sacrario militare austroungarico di Trento ove ancora oggi riposano.
(L. Girotto)
Kiss: il romantico cavaliere dell'aria
Alla notizia del quasi certo ritrovamento dei resti dell'aereo dell'asso ungherese della prima guerra mondiale Josef Kiss e ora esposti a Borgo Valsugana riporto, così come l'ho trovato, un breve scritto del 1934 di mio nonno Mario Garavelli, di cui oltre al nome e cognome conservo anche la tessera di giornalista pubblicista sempre con me nel portafogli. [...]
Mio nonno racconta la vera storia di un eroe romantico, l'austroungarico asso dell'aviazione Josef Kiss chiamato da amici e nemici il Diavolo Rosso, che nel suo breve passaggio sulla terra ha fatto di sé leggenda e creato un'altra eroina romantica, quell'Enrica Bonecker (poi storpiato in Boneccher dal burocrate fascista Tolomei) sua fidanzata perginese dell'epoca, che per la bellezza di cinquantadue anni porterà tutti i giorni fiori freschi sulla tomba del suo amore nel cimitero militare di Pergine Valsugana, cessando solo alla chiusura del cimitero nel 1970, per poi morire poco tempo dopo. [...]
Josef Kiss stesso era una vittima innocente. Il nonno di Kiss era un generale dell'esercito austroungarico, e fu uno dei tredici funzionari ungheresi ribelli detti i martiri di Arad, tutt'oggi celebrati eroi d'Ungheria fatti impiccare dal Kaiser come ribelli indipendentisti. [...]
La guerra di Kiss fu forse più contro gli atteggiamenti intransigenti dell'Impero del Kaiser che contro i veri nemici, e questo traspare dalle righe di mio nonno come dai pochi documenti che ci restano delle sue imprese e della sua vita.
Kiss era inviso da buona parte dei suoi commilitoni, che forse non gli perdonavano di essere il discendente di quello che consideravano un vile traditore, come non sopportavano che lui, un semplice un sottufficiale, fosse il più bravo tra i "Flieger", gli aviatori, quasi tutti ufficiali.
Così, pur gravemente ferito in combattimento aereo un ufficiale medico si rifiutò di curarlo con urgenza perché non era: "neppure un ufficiale" preferendo finire il suo pasto, ma vi fu costretto a seguito delle minacce fisiche di un amico e collega di Kiss, l'ufficiale e asso Julius Arigi, che in questo modo gli salvò la vita. Una vita che durò solo per altri pochi mesi.
Kiss poi, aveva alcune certezze poco condivise dai suoi colleghi d'arme, come quella di non voler mettere piede su un bombardiere ma solo su aerei da caccia, o di evitare di sparare a freddo sul nemico quando ormai era vinto o aveva terminato i colpi. Inoltre aveva la disdicevole abitudine, per un semplice sottufficiale, di trattare con rispetto gli avversari caduti in prigionia quasi tutti ufficiali, e rendere gli onori militari ai nemici abbattuti.
E la consuetudine degli onori gli verrà poi corrisposta al suo funerale, quando una squadriglia di aerei italiani, francesi e britannici passò sopra Pergine senza che fosse sparato un colpo da entrambe le parti nemiche e lanciò dal cielo una corona commemorativa con sopra scritto: "il nostro ultimo omaggio per il nostro coraggioso avversario". L'asso ungherese a quel punto era già diventato ufficiale, alla memoria, entrando nella leggenda.
Al funerale di Josef Kiss, davanti al feretro che avanzava piano tra la folla, una bimba austriaca di dieci anni teneva tra le mani con aria solenne un cuscino di raso con tutte le medaglie dell'eroe caduto. Fattasi ragazza conoscerà a Bolzano il bersagliere piemontese Mario Garavelli e lo sposerà. Era mia nonna.
Tratto da "Quando il Diavolo Rosso affrontava i Caproni" di Mario Garavelli
laVOCEdelTRENTINO.it, 17 marzo 2014